I tribunali di Torino e gli ospedali di Kabul sembrano lontani anni luce. Ma non è così.
O almeno non lo è per Alberto Cairo, piemontese di Ceva, Cuneo, 48 anni, che dopo aver cominciato la carriera come avvocato ha lasciato la professione alla ricerca di “un modo migliore per essere utile agli altri”. E c’è riuscito. Abbandonata la carriera giuridica, Alberto Cairo si è diplomato a Bosisio Parini, Como, presso la Scuola di Fisioterapia dell’OVCI, con cui ha poi lavorato a Juba, Sudan, per tre anni. Con il Comitato Internazionale della Croce Rossa (CICR) è quindi partito per l’Afghanistan, terra devastata dalle mine antiuomo in una concentrazione tra le più alte del mondo. Alberto Cairo vive a Kabul da tredici anni, ed è responsabile del Progetto Ortopedico Afghanistan del Comitato Internazionale della Croce Rossa. Il progetto ha sei centri sparsi per tutto il paese, principali punti di riferimento per la creazione di protesi e la riabilitazione di ogni genere di disabili. Un terzo di essi sono vittime delle mine. Solo lo scorso anno, nei sei centri, più di 6.000 persone sono state “rimesse in piedi” o hanno camminato per la prima volta nella loro vita.
Aperti nel 1988 per i feriti di guerra e nel 1994 a tutti i portatori di handicap motori, i centri del CICR in Afghanistan hanno curato ad oggi circa 50.000 persone, fabbricando protesi, sedie a rotelle e stampelle, offrendo più di 350.000 sessioni di fisioterapia. Di tutto ciò va reso merito ai 302 lavoratori afgani, fra cui 35 donne, nella maggior parte (80%) handicappati ed ex pazienti dei centri. Sono loro le persone più adatte a capire i problemi e le esigenze psico-fisiche dei pazienti, quelle in grado di offrire un servizio migliore ed essere un grande esempio di speranza e ottimismo per i nuovi pazienti. Nel 2001 i centri del CICR hanno fabbricato quasi 4.000 protesi e 6.500 ortesi (corsetti, tutori e scarpe ortopediche), quasi 800 carrozzine e 5.700 paia di stampelle, curando un totale di più di 10.000 disabili. E in condizioni non sempre facili. “La plastica ed i macchinari arrivano dall’Europa – spiega Cairo – ma cerchiamo di utilizzare quanto più possibile materiale reperibile sul posto: per esempio, il caucciù che serve per fare i talloni dei piedi è fatto con la gomma dei pneumatici dei carri armati russi. Ricicliamo poi la plastica delle protesi non più riparabili: fondendole, otteniamo nuovi pezzi. Ma non si pensi che le nostre protesi siano “di fortuna”: i test, cui continuamente le sottoponiamo, dicono che per tecnica, qualità ed estetica, non sfigurerebbero assolutamente neppure in Europa”.
Al programma di riabilitazione diretto da Alberto Cairo si sono aggiunti, negli ultimi anni, dei progetti di reinserimento sociale degli handicappati. Da quattro anni è attivo un progetto di “microcredito”, cominciato inizialmente con fondi privati, per il finanziamento di piccole attività commerciali, come la riparazione di biciclette, di orologi, la vendita di libri e quaderni, di frutta e verdura, di cosmetici, mini-ristoranti. Finora, nella sola Kabul, sono state finanziate 1.600 attività. Circa l’80% dei piccoli imprenditori restituisce con regolarità il prestito nelle previste 18 rate mensili senza interesse. Un team di cinque amputati gira tutta Kabul e dintorni per consigliare e controllare le microattività. In bicicletta, percorrono fino a 50 chilometri al giorno. I centri ortopedici del C.I.C.R. offrono inoltre ai disabili dei programmi di formazione professionale e scolastica ed un servizio di ricerca di impiego, attraverso il quale dal 1996 ad oggi più di 500 pazienti hanno trovato lavoro presso il C.I.C.R. stesso o presso altre organizzazioni non governative.
Ad Alberto Cairo (Italia) viene assegnato il Premio Artusi 2002 per la preziosa e incessante attività che da 13 anni svolge – con coraggio e abnegazione – nei Centri Ortopedici della Croce Rossa Internazionale in Afganistan, impegnandosi a favore di mutilati e invalidi. In una terra dove la vita è una sfida ai limiti del sopportabile anche per chi ha la fortuna di essere sano, l’impegno di Cairo non solo compie il miracolo di “restituire” gambe e braccia a chi le ha perse, ma offre loro la possibilità di riscattarsi dalla miseria e recuperare un ruolo dignitoso nella società, attraverso il microcredito ed i progetti di reinserimento sociale, di formazione professionale e scolastica.